Turno (in latino: Turnus) è l'antagonista di Enea nell'Eneide, il poema di Virgilio che narra delle avventure dell'eroe troiano dalla sua fuga da Troia, dopo che gli Achei l'avevano conquistata incendiandola, fino al suo approdo nel Lazio, presso l'antica città di Laurento, dove avrebbe dovuto sposare la figlia di Latino, Lavinia, già promessa al re dei Rutuli, che è appunto Turno.
Turno | |
---|---|
![]() | |
Saga | Eneide |
Nome orig. | Turnus |
Luogo di nascita | Ardea |
Professione | guerriero, re |
«... avanti agli altri |
(Virgilio, Eneide, VII, 83-88) |
Giovane e bellissimo re dei Rutuli, Turno è anche semidio, essendo figlio di Dauno e della ninfa Venilia; ha due sorelle: la più giovane è sposata con un rutulo di nome Numano, mentre l'altra è Giuturna, che amata a suo tempo da Giove è stata da lui resa immortale. Il nome mitologico di Turno viene fatto derivare dal greco antico Touros, che ha significato di animo impetuoso; secondo talune fonti potrebbe invece intendersi come Turrenos; le versioni in lingua etrusca sono molteplici e vengono date come Tursnus, Turosnus, o ancora Turannus.[senza fonte]
Per un'altra versione, Turno, cugino di Amata moglie del re Latino, era un latino disertore, posto a capo dell'esercito dei Rutuli.[1]
Secondo il racconto virgiliano, quando Enea giunge nel Lazio, il re Latino, volendo sancire con lui un'alleanza, gli dà in sposa la figlia Lavinia, peraltro già promessa a Turno. A ciò s'oppone decisamente Amata, madre di Lavinia e moglie di Latino, che aveva sempre prediletto il giovane italico come futuro sposo della fanciulla. A nulla servono le proteste della donna, aizzata follemente dalla furia Aletto per ordine di Giunone, che scatena orge bacchiche e canta le nozze di Lavinia e Turno.
Nel racconto di Tito Livio, Turno entra in guerra contemporaneamente contro Enea e Latino, perché Lavinia, che gli era stata promessa in sposa, è invece stata assegnata ad Enea, dopo lo sbarco dei troiani nel Lazio. Nel primo scontro, i Rutuli sono sconfitti, ma il re Latino cade morto in battaglia[2].
Nell'Eneide Turno, per rappresaglia, decide di dichiarare guerra ai troiani di Enea, con il quale si batte in duello mortale nell'ultimo libro, venendone sconfitto; nella drammatica scena finale, quando egli è già stato ferito, Enea si accorge che l'avversario indossa ancora il balteus del giovane amico Pallante, ed è per questo che l'eroe troiano, dopo l'iniziale intenzione di risparmiarlo per le suppliche del nemico (l'atteggiamento di Turno non è dettato dalla paura della morte, ma dal desiderio di evitare il più grande dei dolori al suo vecchio padre) spinto da un'ira vendicativa infligge dunque al Rutulo il colpo di grazia.
"Ristette fiero nell'armi
Enea, volgendo gli occhi, e trattenne la destra;
sempre di più il discorso cominciava a piegarlo
e a farlo esitare: quando al sommo della spalla apparve
l'infausto balteo e rifulsero le cinghie delle note borchie
del giovane Pallante, che Turno aveva vinto e abbattuto
con una ferita, e portava sulle spalle il trofeo nemico.
Egli, fissato con gli occhi il ricordo del crudele dolore,
e la preda, arso dalla furia, e terribile
nell'ira: - Tu, vestito delle spoglie dei miei,
vorresti sfuggirmi? Pallante con questa ferita,
Pallante t'immola, e si vendica sul sangue scellerato - .
Dicendo così, gli affonda furioso il ferro in pieno petto;
a quello le membra si sciolgono nel gelo,
e la vita con un gemito fugge sdegnosa tra le ombre."
(Virgilio, Eneide, XII, traduzione di Luca Canali)
Livio invece non racconta della morte di Turno, ma solo della successiva battaglia combattuta dai Rutuli e dai loro alleati Etruschi, guidati dal re Mezenzio, contro i Latini, condotti da Enea, che rimarrà ucciso nello scontro[3].
Nel poema virgiliano, Turno è presentato come l'alter ego di Enea, un eroe segnato dal fato[4]. È un sovrano molto amato dai suoi guerrieri e anche dagli alleati, tra i quali ci sono i suoi due più grandi amici, il re italico Ramnete, che è anche l'augure dell'accampamento, e Murrano, un giovane di Laurento imparentato con la famiglia del re Latino. Il suo unico detrattore è il vecchio cortigiano latino Drance, sostenitore di un accordo di pace tra gli italici ed Enea. Nella guerra Turno si batte con passione e ardore, cedendo occasionalmente alla ferocia (come nel noto episodio dell'uccisione di Pallante, al cui cadavere sottrae il balteo: per la qual cosa, come si è detto, Enea non avrà pietà di lui nella sfida finale).
Il personaggio virgiliano di Turno mostra forti analogie con la storiografia liviana di IV secolo a.C. Il suo duello mortale con Enea, e il luogo nel quale si svolge, mostra infatti perfette similitudini con i fatti occorsi tra Marco Valerio Corvo, nell'Eneide corrispondente ad Enea, e il Gallo, rappresentante del popolo celtico che invase l'Italia, identificabile proprio con Turno, figlio di Dauno della Daunia (parte dell'Apulia), terra influenzata dalla presenza siracusana in epoca dionigiana.[5]
Turno è il guerriero italico che più di ogni altro nell'Eneide fa scempio immane dei Troiani e dei loro alleati arrivando ad uccidere da solo quasi 50 nemici. Tra di loro ce ne sono due col nome "Fegeo", e altri due col nome "Amico".
A Turno sono stati dedicati un cratere del satellite Dione, una via di Roma e una di Ardea
Altri progetti
Controllo di autorità | VIAF (EN) 35252317 · CERL cnp00587890 · GND (DE) 118763245 · BNF (FR) cb126991494 (data) · WorldCat Identities (EN) viaf-35252317 |
---|
![]() | ![]() |