L'imperatore di Roma è un film italiano del 1987 diretto da Nico D'Alessandria, considerato un capolavoro del cinema d'essai.[2]
L'imperatore di Roma | |
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Paese di produzione | Italia |
Anno | 1987 |
Durata | 84 min |
Dati tecnici | B/N |
Genere | drammatico |
Regia | Nico D'Alessandria |
Soggetto | Nico D'Alessandria |
Sceneggiatura | Nico D'Alessandria |
Produttore | Nico D'Alessandria |
Casa di produzione | Aura Film |
Fotografia | Roberto Romei e Ugo Adilardi |
Montaggio | Nico D'Alessandria |
Musiche | Carlo Giugni e Al Lunati |
Interpreti e personaggi | |
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Il film racconta le giornate di un tossicodipendente romano di nome Gerry dedito all'accattonaggio. Attraverso le interminabili camminate del protagonista in una Roma decadente, il film mostra la desolante esistenza di un uomo che ha ripudiato ogni schema e convenzione per vivere come uno dei tanti gatti selvaggi che abitano i vecchi ruderi della Capitale, ombra degli antichi fasti imperiali, città di decadenza eterna e spietata.
L'attore protagonista Gerardo Sperandini nel film interpreta se stesso. In un'intervista il regista Nico D'Alessandria[3] ha dichiarato: «[...] Quando iniziai [il film], il protagonista Gerardo Sperandini era internato all'ospedale psichiatrico di Aversa, dove il padre, maresciallo di polizia, lo aveva fatto rinchiudere andandosi a raccomandare personalmente dal giudice ("Per un po' di tempo" - diceva - "perché si riprenda" - come ho raccontato nel film) e mi fu affidato dal magistrato di sorveglianza. Abbiamo vissuto insieme per 30 giorni, il periodo delle riprese, anche di notte perché era assolutamente rischioso lasciarlo da solo.». Sperandini morì a 47 anni il 30 dicembre del 1999[4] per le complicanze dovute al diabete[senza fonte].
L'idea iniziale di Nico D'Alessandria prevedeva di raccontare diverse storie di giovani della periferia romana ma il regista decise di trattarne una sola in modo più approfondito dopo l'incontro con Gerardo Sperandini. Il film fu girato a partire da una sceneggiatura di poche pagine con scarsissime risorse e molte difficoltà. La macchina da presa e pochi altri mezzi erano di proprietà dell'operatore Roberto Romei, la pellicola era quella più economica disponibile nel a formato a 35mm, proveniente dalla Germania Est. In molte situazioni l'attore protagonista non capiva quello che il regista gli chiedeva di fare[5]. Inizialmente il film fu pensato come film muto e la decisione di sonorizzarlo e doppiarlo fu presa solo successivamente.[2]
Morandini accosta il film ad Accattone di Pasolini.[6]
«Il neorealismo tornò nel cinema italiano negli ultimi anni '80 come un fantasma espressionista[6]» |
(Morando Morandini, recensione a L'imperatore di Roma) |
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