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Vecchia guardia è un film del 1934, diretto da Alessandro Blasetti. Generalmente viene considerato dalla critica uno fra i migliori lungometraggi di carattere apologetico prodotti in Italia in epoca fascista.

Vecchia guardia
Il fascista Marcone (Ugo Ceseri) assieme a Mario (Franco Brambilla) in una sequenza del film
Titolo originaleVecchia guardia
Paese di produzioneItalia
Anno1934
Durata91 min
Dati tecniciB/N
Generedrammatico, epico
RegiaAlessandro Blasetti
SoggettoLivio Apolloni, Giuseppe Zucca
SceneggiaturaAlessandro Blasetti, Guido Albertini, Leo Bomba
ProduttoreFauno Film S.A.
Distribuzione in italianoFilmimpero
FotografiaOtello Martelli
MontaggioAlessandro Blasetti, Ignazio Ferronetti
MusicheUmberto Mancini, Capolongo
ScenografiaLeo Bomba
Interpreti e personaggi
  • Mino Doro: Roberto Cardini
  • Franco Brambilla: Mario Cardini
  • Gianfranco Giachetti: Dott. Claudio Cardini
  • Andrea Checchi: lo squadrista Pompeo Guidotti
  • Giovanni Grasso jr.: il commissario
  • Ugo Ceseri: lo squadrista Marco Tabarrini "Marcone"
  • Aldo Frosi: Aristide il barbiere
  • Cesare Zoppetti: l'assessore
  • Maria Puccini: Lina, moglie di Claudio
  • Graziella Antonelli: Lucetta
  • Umberto Sacripante: il pazzo Tralicò
  • Ugo Sasso: uno squadrista
  • Gino Viotti: il sindaco
  • Alfredo Varelli: il terzo squadrista
  • Ugo Gracci: Sor Genesio, il fabbro
  • Walter Lazzaro: lo squadrista Giuseppe Bonamici
  • Barbara Monis: Maria, la maestra
  • Italo Tancredi: l'infermiere Tacconi
  • Memmo Carotenuto: un infermiere in sciopero (tira un bicchiere)
  • Aristide Garbini: l'usciere
  • Amina Pirani Maggi: moglie del sindaco
  • Dina Romano: Carolina
  • Graziella Betti: la ragazza del convento
  • Vasco Creti: l'onorevole socialista
  • Leo Bomba:

Il film venne distribuito in Germania col titolo Mario[1] e fu particolarmente apprezzato da Adolf Hitler, da sempre estimatore del fascismo, tanto che il Führer ricevette Blasetti e il piccolo Franco Brambilla in terra tedesca per una visita[2][3].


Trama


Viterbo, 1922. Nel clima arroventato del primo dopoguerra, Roberto Cardini è uno squadrista fascista reduce della Grande Guerra che, ora disoccupato, si distingue nella lotta contro i lavoratori in sciopero. Suo padre, Claudio, è un medico che dirige un manicomio, da tempo sta tentando in vari modi di far cessare lo sciopero degli infermieri. Claudio si rivolge alle istituzioni ma non viene ascoltato, allora chiede aiuto al fascio locale, del quale Roberto è caposquadra. Un deputato socialista per errore entra nella bottega di Aristide, un barbiere e squadrista amico di Roberto, e viene beffato e schernito dai fascisti. i socialisti per vendetta distruggono la bottega di Aristide e feriscono un bambino che si trovava all'interno del locale. Dopo di ciò scaturira' una violenta rissa tra fascisti e socialisti. Qualche giorno dopo i fascisti irrompono nel bar dove si ritrovano gli infermieri scioperanti e dopo un breve scontro costringono molti di loro (tra i quali tale "tacconi" fiduciario degli infermieri in sciopero) a bere dell'Olio di ricino. Lo sciopero dunque fallisce e gli infermieri sono forzati a tornare al lavoro. I fascisti compiranno altre azioni eclatanti, ad esempio riapriranno le scuole elementari da tempo chiuse, obbligando il custode a dare loro le chiavi e minacciano l'assessore comunale deputato all'istruzione di percosse in caso non collabori per la riapertura degli istituti scolastici (intanto Roberto, inizia una relazione sentimentale con Maria, una delle maestre della scuola elementare). nel mentre proseguono la loro lotta antisocialista e antisindacalista organizzandosi per nuovi scontri contro gli antifascisti. il sindaco e il commissario rimangono immobili davanti a tutto ciò, in parte per disinteresse, ma anche per timore della reazione degli Squadristi. Mentre i bambini fanno il loro ingresso a scuola un folto gruppo di socialisti si palesa di fronte all'istituto e ha un diverbio con Roberto e gli altri squadristi. La sera stessa, gli operai della centrale elettrica del circondario entrano in sciopero. Roberto e gli altri squadristi partono per "espugnare" la centrale e costringere gli operai a rimettersi al lavoro, ma hanno una sorpresa, all'interno della camionetta sulla quale viaggiavano si è infiltrato Mario, il fratello minore di Roberto, che perderà la vita a causa di svariati colpi di arma da fuoco sparati dagli scioperanti. Il giorno dopo l'intera città è in lutto, la morte di Mario spinge alcuni cittadini (tra i quali un pubblico ufficiale) ad aderire al PNF e a partecipare successivamente alla marcia su Roma. Roberto da un saluto alla sua amata e raduna i suoi uomini per partire. Alle prime luci dell'alba i fascisti, raggruppatisi ad Orte, si avviano a piedi e con altri mezzi verso la Città eterna.


Produzione



Cast


Prendono parte alle riprese alcuni attori già affermati, come Mino Doro nel ruolo di protagonista, Giovanni Grasso (da non confondere con l'omonimo e più celebre cugino, Giovanni Grasso), nella parte del commissario, ed altri che, pur essendo alle prime armi, avrebbero fatto molto parlare di sé in seguito, come Andrea Checchi, nel ruolo di uno squadrista, che nonostante la giovanissima età aveva già lavorato in 1860 di Blasetti, e Memmo Carotenuto, semplice comparsa in Vecchia guardia ma destinato a divenire uno degli interpreti più richiesti della commedia all'italiana, l'aiuto regista è Flavio Calzavara. Il film registra anche la presenza di giovani promesse, di volti nuovi che in Vecchia Guardia hanno avuto il loro battesimo con il cinema. Alcuni diventeranno attori di vario livello nella filmografia dell'epoca e anche del dopoguerra, altri invece esauriranno qui la loro esperienza o scompariranno dopo pochi altri lungometraggi.


Accoglienza



Giudizio critico


Stando alle fonti dell'epoca, alla sua uscita il film ebbe una accoglienza in linea di massima positiva da parte della critica del tempo, che ne mise in rilievo i pregi stilistici e alcune impostazioni innovative. Fra queste ultime il taglio realistico di molte scene e lo stesso linguaggio usato dagli interpreti, sempre naturale e in sintonia con la classe socio-culturale di appartenenza.

Sotto un profilo più propriamente formale va sottolineata la superba fotografia di Otello Martelli utilizzata dal regista con una valenza simbolica di grande impatto visivo, con le luci accese su tutto ciò che incarnò il fascismo e che ad esso si ricollega (spedizioni punitive e pestaggi compresi) e le ombre, che invece avvolgono le forze "antinazionali".

I giudizi retrospettivi portano a vedere nel film il momento di massima adesione di Alessandro Blasetti al regime fascista con alcune scene di retorica squadrista che ne abbasserebbero il livello qualitativo spezzando il ritmo drammatico che pur il regista riesce ad imprimere alla vicenda. Un film pertanto tutt'altro che disprezzabile, ma giudicato discontinuo e, in linea di massima, girato con chiari intenti apologetici.


Reazioni delle gerarchie fasciste


Secondo Callisto Cosulich «Vecchia guardia è l'unico film sinceramente fascista che sia stato girato nel ventennio»[4]. La classe dirigente del regime in quel momento però accoglie Vecchia guardia con una certa freddezza se non addirittura con ostilità, come nel caso di Luigi Freddi[5], da poco nominato massimo responsabile della cinematografia italiana del tempo, che si rende immediatamente conto dei pericoli insiti nel lungometraggio di Blasetti. Fra questi ultimi balza agli occhi l'esaltazione dello squadrismo, esplicitamente indicata in una nota presente nei titoli di testa, in un momento in cui il regime vuol far dimenticare i propri trascorsi rivoluzionari e, ancor peggio, la difesa ad oltranza operata dai fascisti a salvaguardia degli interessi dei ceti abbienti e del padronato ai danni delle classi lavoratrici e proletarie che il Duce stesso si è sempre vantato di proteggere. Tra l'altro il film mostrava gli antifascisti in maniera negativa, li rapprentava come rozzi e aggressivi, mentre gli squadristi venivano dipinti come eroi, e sono numerose nel film scene di scontri e violenze. Ma fu proprio questa eccessiva esaltazione della violenza e dello squadrismo che rese il film scomodo per il governo fascista e per il fascismo stesso.

Dopo Vecchia guardia e il precedente Camicia nera di Giovacchino Forzano (1933) la cinematografia italiana torna sui suoi passi per riprendere la strada di sempre, caratterizzata dal disimpegno e dall'apoliticità. Sintomatico il trionfo, in quegli anni, del cinema dei telefoni bianchi, dei gialli americani della Cines e dei feuilleton sentimentali, caratterizzati dalla totale assenza di tematiche "impegnate", sia sotto il profilo politico che sociale. Solo dopo la conquista dell'Etiopia da parte del regime fascista (avvenuta nel 1936), torneranno ad essere prodotti film del filone apologetico-propagandistico come Lo squadrone bianco (1936) di Augusto Genina, Il grande appello (1936) di Mario Camerini, Sentinelle di bronzo (1937) di Romolo Marcellini, Condottieri (1937) di Luis Trenker, Scipione l'Africano (1937) di Carmine Gallone, Cavalleria (1936) e Luciano Serra pilota (1938) di Goffredo Alessandrini, Pietro Micca (1938) di Aldo Vergano, Ettore Fieramosca (1938) dello stesso Blasetti, per poi raggiungere l'apice dopo l'entrata in guerra dell'Italia (L'assedio dell'Alcazar, Carmen fra i rossi, Il cavaliere di Kruja, Uomini sul fondo, Giarabub, Bengasi, Noi vivi, Addio Kira!, Odessa in fiamme, Harlem, Il treno crociato, Quelli della montagna, Orizzonte di sangue ecc.).


Risultato commerciale


Come per tutta la cinematografia italiana degli anni trenta, anche per Vecchia guardia non sono disponibili dati ufficiali sugli introiti economici della pellicola, anche se alcune fonti indicano che il film riuscì a riscuotere un discreto successo di pubblico.


Manifesti e locandine


La realizzazione dei manifesti, per l'Italia, fu affidata al pittore cartellonista Anselmo Ballester.


Note


  1. Roberto Chiti, Enrico Lancia, Dizionario del cinema italiano. I film, Volume 1, p.400, Gremese Editore (2005)
  2. Elaine Mancini, Struggles of the Italian film industry during fascism, 1930-1935, p.117, UMI Research Press (1985)
  3. Andrea Giuseppe Muratore, L'arma più forte. Censura e ricerca del consenso nel cinema del ventennio fascista, Luigi Pellegrini Editore, 2017
  4. in Callisto Cosulich, Fa bene a ricordarceli, art. apparso su Cinema Nuovo, a. III, n.36 1º giugno 1954. Il rif. è riportato da Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano, il cinema del regime, 1929-1945, Vol. II, Roma, Editori Riuniti, 2ª edizione rivista e accresciuta, 1993, pag. 135, ISBN 88-359-3730-2
  5. «...dentro di me pensavo che il mio dovere sarebbe stato di bocciare il film...il Regime, secondo me, non aveva certo bisogno di quelle riesumazioni e di quei lenocini che invece potevano suscitare e provocare reazioni dannose» ricorderà lo stesso Freddi molti anni più tardi. Cit. da Claudio Carabba, Il cinema del ventennio nero, Firenze, Vallecchi editore, 1974, pag.62

Bibliografia



Voci correlate



Altri progetti



Collegamenti esterni


Portale Cinema
Portale Fascismo

На других языках


[en] The Old Guard (1934 film)

The Old Guard (Italian: Vecchia guardia) is a 1934 Italian drama film directed by Alessandro Blasetti and starring Gianfranco Giachetti, Mino Doro, and Franco Brambilla. It was one several pro-Fascist films made by Blasetti during the era.[1] The film is set in a small Italian town in 1922, where a local group of Fascist blackshirts battle against rival socialists who have called a strike at the hospital. Mario, the young son of Doctor Cardini, is killed in the fighting. The film ends with the March on Rome that brought Benito Mussolini to power.
- [it] Vecchia guardia (film)

[ru] Старая гвардия (фильм, 1935)

«Старая гвардия» (итал. Vecchia Guardia) — фильм в стиле итальянского неореализма, снятый в 1934 году Алессандро Блазетти, величайшим итальянским режиссёром фашистского пропагандистского кино. Премьера фильма — 1935 год. Снят во время существования итальянского фашистского режима.



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