Gerry è il primo film della "Trilogia della Morte" di Gus Van Sant, cui seguirono Elephant e Last Days (tutti ispirati da eventi reali). Vengono così definiti poiché la scena di morte costituisce culmine e climax di ogni film. Alla sua uscita ai festival cinematografici e nei pochi cinema nei quali fu distribuito (in Italia non è mai uscito), il film suscitò reazioni estremamente diverse, dal disprezzo all'entusiastico encomio. I recensori sono d'accordo nel constatare che Gerry segna un punto di ritorno nella filmografia di Van Sant che, lontano dai film commercialmente orientati, torna allo sperimentalismo che ha caratterizzato la prima fase della sua carriera.
Gerry | |
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Titolo originale | Gerry |
Paese di produzione | Stati Uniti d'America |
Anno | 2002 |
Durata | 103 min |
Rapporto | 2,35:1 |
Genere | drammatico |
Regia | Gus Van Sant |
Soggetto | Gus Van Sant |
Sceneggiatura | Gus Van Sant, Matt Damon, Casey Affleck |
Fotografia | Harris Savides |
Montaggio | Gus Van Sant |
Musiche | Arvo Pärt |
Interpreti e personaggi | |
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Ispirato al caso di cronaca della morte di David Coughlin avvenuto nel 1999, Gerry segue le vicende di due compagni di escursionismi dallo stesso nome, Gerry; quest'ultimo è anche un termine gergale usato dai protagonisti dal significato "fare casino". Van Sant ha rivelato in alcune interviste che Damon e i fratelli Affleck usassero già tale termine prima della produzione del film.
Due ragazzi di nome Gerry guidano fino a un luogo remoto per fare un'escursione. Inizialmente incontrano altre persone; chiacchierano, camminano e fanno una corsa improvvisata prima di decidere di tornare indietro. In breve tempo si rendon conto di essersi persi, pertanto costruiscono un falò per la notte.
Nei due giorni successivi, i due escursionisti vagano nel deserto senza cibo né acqua. A un certo punto provano a separarsi, poi si ricongiungono e tentano inutilmente di seguire tracce di animali. Mano a mano che la situazione peggiora, i ragazzi diventano sempre più irritati l'uno contro l'altro e alla fine collassano per la fatica e la disidratazione. Il più debole dei due proclama di stare "andando" e si avvicina al compagno, che lo strangola senza dire nulla prima di crollare nuovamente.
Al suo risveglio, il superstite si accorge di essere vicino a una strada. Gravemente scottato dal sole, viene soccorso da un uomo e suo figlio.
Van Sant evita racconto e dialoghi convenzionali, ed invece tenta di raccontare la storia attraverso l'umore dei personaggi e la scansione del tempo cinematografico che per buona parte del film si sovrappone a quello reale, dilatandolo, attraverso lunghissimi piano-sequenza privi di dialoghi; gli scarni e rari dialoghi ed il suono vengono registrati in presa diretta, sul ritmo della respirazione e dei passi dei protagonisti; la cinepresa, sempre discreta, segue le loro teste dondolanti da vicino o si apre indietro a splendide panoramiche che rivelano panorami surreali ed austeri. In questo film Van Sant riprende alcuni tra i temi a lui più cari, quali il viaggio, l'amicizia e la morte; significativa in questo senso la sequenza del falò nel deserto, emblematico punto di sintesi di questi temi, presente anche in Belli e dannati.
Il film fu molto influenzato dal regista ungherese Béla Tarr (che riceve un ringraziamento speciale nei titoli di coda) e in particolare dai suoi lavori Satantango e Le armonie di Werckmeister nei quali si fa lo stesso uso di riprese "di inseguimento" e lunghe soggettive.
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