Indiana Jones e il tempio maledetto (Indiana Jones and the Temple of Doom) è un film d'avventura del 1984 diretto da Steven Spielberg. È il secondo capitolo del franchise di Indiana Jones, un prequel del film I predatori dell'arca perduta, con Harrison Ford che riprende il ruolo del protagonista. Dopo l'arrivo in India, gli abitanti disperati di un villaggio chiedono a Indiana Jones di trovare una pietra mistica e salvare i loro figli da un culto Thuggee che pratica la schiavitù infantile, la magia nera e i rituali di sacrificio umano in onore della dea Kali.
Indiana Jones e il tempio maledetto | |
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Titolo originale | Indiana Jones and the Temple of Doom |
Paese di produzione | Stati Uniti d'America |
Anno | 1984 |
Durata | 118 min |
Rapporto | 2,35:1 |
Genere | avventura, azione, commedia |
Regia | Steven Spielberg |
Soggetto | George Lucas |
Sceneggiatura | Willard Huyck, Gloria Katz |
Produttore | Robert Watts |
Produttore esecutivo | George Lucas, Frank Marshall |
Casa di produzione | Lucasfilm |
Distribuzione in italiano | UIP |
Fotografia | Douglas Slocombe |
Montaggio | Michael Kahn |
Effetti speciali | Dennis Muren, George Gibbs |
Musiche | John Williams |
Scenografia | Elliot Scott |
Costumi | Anthony Powell |
Trucco | Tom Smith |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Non volendo presentare nuovamente i nazisti come cattivi, George Lucas, produttore esecutivo e co-sceneggiatore, ha deciso di considerare questo film come un prequel.
Il film è stato un successo finanziario, ma le recensioni iniziali sono state contrastanti, criticando i suoi elementi più oscuri, la forte violenza e il sangue. Tuttavia, l'opinione critica è migliorata col tempo, citando l'intensità e l'immaginazione del film. In risposta ad alcune delle sequenze più violente del film, e con simili lamentele su Gremlins, Spielberg ha suggerito alla MPAA di modificare il suo sistema di classificazione, cosa che ha fatto entro due mesi dall'uscita del film, creando una nuova classificazione PG-13. Ha vinto il Premio Oscar ai migliori effetti speciali.
Un sequel, Indiana Jones e l'ultima crociata, seguì nel 1989.
Shanghai, 1935. In un night club il professor Indiana Jones, archeologo e avventuriero, sta conducendo una trattativa con il gangster Lao Che. Quando l'accordo pare concluso, Indiana capisce di essere stato avvelenato: a caccia dell'antidoto in mano a Lao, prende in ostaggio Willie Scott, la cantante del locale, (nonché donna del gangster) scappando assieme a lei grazie all'aiuto del piccolo Shorty. I tre riescono a raggiungere un aereo e a lasciare il paese, ma i piloti del velivolo, al soldo di Lao, li lasciano precipitare sulle montagne indiane.
Salvatisi dall'impatto, vengono accolti da una tribù di indù ridotta in miseria in seguito al furto di Sivalinga, la pietra sacra che da secoli proteggeva il loro villaggio. L'anziano spiega che il furto è stato compiuto dai Thugs adoratori della malvagia dea Kali, che sta riacquistando potere insieme al decaduto palazzo di Pankot dove si è instaurato un nuovo maharaja. Gli abitanti avevano molto pregato il dio Siva di ricevere aiuto, e quando vedono Jones lo credono il loro salvatore. Deviando sulla strada per Delhi, i tre giungono a Pankot dove vengono accolti da un giovane maharaja, che dichiara di non avere nulla a che fare con la sorte del povero villaggio. Durante la notte però Indiana viene attaccato da un adepto e, trovato un passaggio segreto nella camera da letto di Willie, s'inoltra nei sotterranei dove sorge il Tempio del Male. Qui assiste a un sacrificio umano, fatto in nome della dea Kali.
Quando gli adepti se ne sono andati, Indiana recupera le pietre sacre, ma sente delle grida e scopre che i bambini spariti dal villaggio vengono schiavizzati per lavorare nelle miniere alla ricerca delle altre pietre sacre. Accecato dalla rabbia, l'archeologo si fa scoprire, venendo fatto prigioniero così come Willie e Short. Indiana viene drogato con il sangue della dea Kali, sotto il cui malefico influsso si accinge a sacrificare Willie alla divinità, ma Shorty riesce a farlo tornare in sé. Una volta liberatosi dei seguaci di Kali, cerca di affrontare il malvagio stregone Mola Ram, il capo del culto, che però scappa. Liberati i bambini, Indy, Willie e Shorty fuggono attraverso i binari della miniera, che lo stregone allaga, tentando di fermarli.
I tre giungono su di un pericolante ponte sospeso sopra un fiume, dove vengono accerchiati. Mola Ram gli intima di ridargli le pietre sacre, minacciando Shorty e Willie. Indiana combatte contro il malvagio sacerdote ed escogita allora uno stratagemma, facendo crollare il ponte e facendo precipitare Mola Ram che però si aggrappa. Dopo una lotta sui resti del ponte ormai caduto, anche Mola Ram precipita venendo divorato dai coccodrilli, grazie all'intervento del capitano Blumburt e dell'esercito britannico, Jones, Willie e Shorty vengono salvati e possono riconsegnare la pietra sacra al villaggio.
Fin dalle prime discussioni riguardo a Indiana Jones, George Lucas espresse l'intenzione di produrre una trilogia e richiese da parte di Steven Spielberg l'impegno a dirigere tre film.[1] Il primo episodio della saga, I predatori dell'arca perduta (1981), era uscito nelle sale cinematografiche solo da un paio di settimane quando si cominciò a progettarne il sequel,[1] che poi di fatto si rivelò essere un prequel, essendo ambientato un anno prima del precedente film.
Non esisteva un soggetto già pronto, ma c'erano diverse sequenze ideate per I predatori e non utilizzate per sovrabbondanza di materiale, da poter recuperare, in particolare quelle del rafting sul fiume e dell'inseguimento in miniera.[1] Lucas pensò che per differenziarsi dal primo film, questo dovesse avere un tono più cupo, riproponendo in maniera analoga il rapporto fra Guerre stellari e il successivo L'Impero colpisce ancora, e scelse quindi come tema il sanguinario culto della dea Kali da parte della setta dei Thug. Ma, per sua stessa ammissione, fu probabilmente influenzato dall'essere in un periodo negativo dal punto di vista personale, impegnato nel proprio divorzio, e il risultato finale fu più dark delle intenzioni, per quanto questo non si fosse evidenziato durante le riprese.[1]
Per la stesura della sceneggiatura coinvolse Willard Huyck e Gloria Katz, che avevano già scritto per lui American Graffiti e che erano appassionati e conoscitori dell'India.[1] A controbilanciare la cupezza complessiva, ci si poté permettere di iniziare il film con una sequenza d'apertura musical, un'idea di Lucas in omaggio a un vecchio desiderio di Spielberg,[1] e di giocare con un generale goofy humour, un umorismo piuttosto grossolano, rappresentato dalla scena del banchetto, per il quale vennero immaginate le peggiori pietanze possibili, da quella dei cunicoli pieni di insetti e da quella della stanza con il pavimento e il soffitto ricoperti di spuntoni, quest'ultima la preferita dell'intero film per il regista.[1]
Il film fu girato dal 18 aprile all'8 settembre 1983,[2] per gli interni agli Elstree Studios, in Gran Bretagna, come già il precedente I predatori dell'Arca perduta, e per gli esterni in Sri Lanka, nei pressi della città di Kandy,[3] dov'erano già state girate delle sequenze di Il ponte sul fiume Kwai (1957) di David Lean, con particolare soddisfazione di Spielberg.[1] La scelta fu fortunata anche perché per l'impegnativa realizzazione del ponte sospeso fu possibile utilizzare i molti tecnici e ingegneri già presenti in zona per la costruzione di una grande diga.[1]
L'intenzione originaria di girare in India (e di utilizzare Forte Amber di Jaipur per ricreare Pankot) fu abbandonata in seguito ai frustranti tentativi per ottenere la necessaria approvazione del copione da parte del governo indiano, particolarmente suscettibile verso qualsiasi critica alla propria nazione.[1]
Come accade anche negli altri tre film della saga, nei titoli di testa il logo della Paramount Pictures (una montagna) si trasforma in una scena reale, in questo caso il motivo scolpito su un gong di bronzo; nella prima e terza pellicola diventava invece una vera montagna, mentre nel quarto capitolo diventa una montagnola di terra eretta da un cane della prateria.
Come Indiana Jones, due personaggi portano il nome di un cane realmente esistito. Short Round (Jonathan Ke Quan) infatti porta il nome del cane dello sceneggiatore Willard Huyck, mentre Willie Scott (Kate Capshaw) porta il nome del cane dello stesso Steven Spielberg.
Harrison Ford, in forma perfetta per affrontare un ruolo che richiedeva apparisse a torso nudo per un'ampia parte del film, malgrado l'ampio utilizzo di controfigure subì un infortunio fisico (com'era già accaduto durante le riprese del primo film della saga, quando si ruppe i legamenti crociati della gamba sinistra),[1] un'ernia del disco causata dal combattimento corpo a corpo nella camera da letto del palazzo di Pankot. Grazie a un intervento ben riuscito, malgrado una procedura medica controversa, e a un rapido recupero, la lavorazione del film non ne fu danneggiata.[1]
Dopo l'idea iniziale di riproporre il personaggio di Marion, si decise di presentare un personaggio femminile diverso per ogni episodio della trilogia. Spielberg scelse per interpretare il ruolo della cantante Willie Scott la quasi esordiente Kate Capshaw, che gli sembrava avere l'energia giusta per il personaggio[1]. In effetti, pur non amando molto questo film rispetto agli altri capitoli della saga, Spielberg lo considera degno di essere stato realizzato anche solo per avergli permesso di conoscere la Capshaw, che nel 1991 divenne sua moglie.[1]
In piccoli camei appaiono George Lucas (nel ruolo di un missionario), Dan Aykroyd (in quello dell'imbarcatore all'aeroporto), e Steven Spielberg (in quello di un turista all'aeroporto).
Esce nelle sale cinematografiche statunitensi il 23 maggio 1984[4] in 1 687 copie,[5] mentre in Italia per il 27 settembre dello stesso anno.
Il doppiaggio italiano del film fu eseguito presso la International Recording con la partecipazione del Gruppo Trenta e diretto da Renato Izzo su dialoghi di Alberto Piferi ed Elettra Caporello. Indiana Jones e il tempio maledetto è l'unico film della saga in cui il protagonista non è doppiato da Michele Gammino ma da Gino La Monica.
È stato il terzo incasso stagionale negli Stati Uniti con 179 870 271 dollari,[2][6] dietro a Beverly Hills Cop - Un piedipiatti a Beverly Hills e Ghostbusters - Acchiappafantasmi, senza riuscire a superare la soglia dei duecento milioni di dollari come il più fortunato I predatori dell'arca perduta. A livello mondiale, ha incassato complessivamente 333 107 271 dollari,[2][5] divenendo l'episodio della saga che, globalmente, ha raccolto meno al botteghino.
Il film ha ricevuto recensioni contrastanti alla sua uscita a causa del tono molto più cupo rispetto al suo predecessore, ma nel corso degli anni l'accoglienza del film è passata a un tono più positivo.
In risposta ad alcune delle sequenze più violente del film e con lamentele simili su Gremlins, Spielberg ha suggerito che la Motion Picture Association of America (MPAA) alterasse il suo sistema di classificazione, cosa che ha fatto entro due mesi dall'uscita del film, creando una nuova classificazione PG-13 (vietato ai minori di 13 anni non accompagnati).[7][8] È il film di Indiana Jones meno apprezzato da Spielberg.[9][10][11]
Su Rotten Tomatoes il film ha una percentuale di gradimento dell'83%, con un voto medio di 7,2/10 basato su 71 recensioni.[12] Il consenso critico del sito web recita "Potrebbe essere troppo oscuro per alcuni, ma Indiana Jones e il tempio maledetto rimane uno spettacolo di avventura geniale che mette in mostra una delle migliori squadre di registi di Hollywood in forma vintage". Su Metacritic il film ha una valutazione di 57 su 100, basato su recensioni di 14 critici, che indicano "recensioni contrastanti o medie".[13]
Roger Ebert ha assegnato al film una valutazione a quattro stelle, definendolo "il film d'avventura più allegramente eccitante, bizzarro, sciocco e romantico dai tempi di I predatori, ed è un vero e proprio elogio dire che non è tanto un sequel quanto un pari. È piuttosto un'esperienza."[14] Colin Covert di Star Tribune ha definito il film "più sciocco, oscuramente violento e un po' stupido, ma comunque molto divertente."[15] Pauline Kael, scrivendo su The New Yorker, ha affermato che "nessuno ha mai fuso emozioni e risate nel modo in cui Spielberg fa qui" e ha affermato che il film era "la commedia fisica più piacevole che abbia mai visto negli ultimi anni."[16] Dave Kehr ha dichiarato: "Il film non tradisce alcun impulso umano superiore a quello di un bambino di dieci anni che cerca di disgustare la sua sorellina facendole penzolare un verme morto in faccia".[17] Ralph Novak di People si è lamentato: "Le pubblicità che dicono 'questo film potrebbe essere troppo intenso per i bambini più piccoli' sono fraudolente. Nessun genitore dovrebbe permettere a un bambino di vedere questo film traumatizzante; sarebbe una forma cinematografica di abuso sui minori. Anche Harrison Ford è obbligato a schiaffeggiare Quan e ad abusare di Capshaw. Non ci sono eroi collegati al film, solo due cattivi: i loro nomi sono Steven Spielberg e George Lucas".[18] The Observer lo descrisse come "un affare sottile, arcigno e sgraziato".[19] The Guardian l'ha riassunto come "una serie di due ore di sequenze di inseguimenti non troppo accuratamente collegate... sedersi sul bordo del tuo sedile ti dà il sedere dolorante ma anche un cervello intorpidito". Leonard Maltin ha dato al film solo 2 stelle su 4, dicendo che il film "fa soffrire di mal di testa" e "non ci dà mai la possibilità di respirare", e rimproverando le "gag disgustose".[20]
Colin Greenland ha affermato che "I predatori hanno avuto l'arguzia e la leggerezza del tatto per non prendersi troppo sul serio. Il tempio maledetto inizia bene, ma si perde prontamente in una clamorosa presunzione. Non mi importa se supera I predatori. Mi ha disgustato." Kate Capshaw ha definito il suo personaggio "non molto più di una stupida bionda urlante".[18] Steven Spielberg disse nel 1989 "Non ero affatto contento di Il tempio maledetto. Era troppo oscuro, troppo sotterraneo e troppo orribile". Di positivo, ha citato l'incontro con la sua futura moglie. Lucas, che aveva divorziato da Marcia Lucas, ha attribuito l'oscurità del film ai suoi problemi di relazione, ma riguardo al film ha detto: "Adoro il film, ha solo un tono leggermente più cupo e non è divertente come il primo".[21]
Nel 2014, Time Out ha intervistato diversi critici cinematografici, registi, attori e stuntman per elencare i loro migliori film d'azione.[22] Indiana Jones and il tempio maledetto compare al 71º posto in questa lista.[23]
Dal film venne tratto nel 1985 il videogioco arcade Indiana Jones and the Temple of Doom, convertito anche per numerose piattaforme domestiche.
Del film è stata realizzata nel 1990 una parodia Disney dal titolo Paperinik e il tempio indiano, analogamente alla storia Paperinik e l'arca dimenticata che era ispirata al primo film della serie, I predatori dell'arca perduta.
Il film successivo fu Indiana Jones e l'ultima crociata. Non ci sono comunque collegamenti nella trama con i due film precedenti e i personaggi qui introdotti non sono mai ricomparsi.
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