Nella mitologia greca, le arpie (lett. "le rapitrici", dal verbo grecoἁρπάζειν, harpázein, "rapire") sono creature mostruose, con viso di donna e corpo d'uccello. L'origine del loro mito deve forse ricondursi a una personificazione della tempesta.
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Un'arpia ad ali aperte
Citazioni
Le arpie, figlie di Taumante ed Elettra e sorelle di Iride, Celeno, Ocipete ed Aello, sono citate nell'Odissea di Omero (libro XX): in una preghiera ad ArtemidePenelope ne parla come di procelle e ricorda che rapirono le figlie di Pandareo per asservirle alle Erinni.
Esiodo parla di due arpie, Aello e Ocipete; di esse dice che avessero una magnifica capigliatura e che fossero potenti nel volo.
Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio (libro III) le arpie, per ordine di Hera, perseguitano il re e indovino cieco Fineo, portandogli via le pietanze dalla tavola e sporcandogliela.
Virgilio cita le arpie nell'Eneide, facendo il nome di una terza sorella, Celeno.
«[...] Le isole Strofadi dette con nome greco, stanno nel grande Ionio, e sono la crudele Celeno e le altre Arpie a popolarle, da quando fu chiuso il palazzo di Fineo e per il terrore abbandonarono le mense i precedenti abitanti. Non c'è mostruosità più triste di quelle, né alcuna più crudele peste e l'ira degli dei sprigionò dalla palude Stigia. Virginei volti di esseri alati, schifosissimo flusso dal ventre, artigli adunchi e sempre emaciate le facce per la fame?»
Le arpie in una illustrazione di Gustave Doré per la Divina Commedia
Dante Alighieri cita le arpie nel Canto XIII dell'Inferno: esse rompono i rami e mangiano le foglie degli alberi al cui interno si trovano le anime dei suicidi, che, in questo modo, provano dolore e hanno dei pertugi attraverso i quali lamentarsi.
«Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli e visi umani, piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre; fanno lamenti in su li alberi strani.»
Nell'Orlando furioso (canto XXXIII) Ludovico Ariosto riprende la storia di Fineo, e le Arpie insozzano la tavola del cieco re di Etiopia, identificato col Prete Gianni, e vengono scacciate da Astolfo.
Nella lingua veneta si usa il termina "arpia" per indicare una persona che ricorrendo ad artifici e sotterfugi si intromette nelle vicende altrui per influenzarle negativamente, facendo sentire il destinatario sottoposto come all'attacco di un uccello predatore. Anche di persona dall'apparenza innocua che nasconde invece comportamenti predatori o intromissori.
Nel manga Monster musume no iru nichijō una delle protagoniste femminili è un'Arpia di nome Papi.
Nel manga e anime Devilman di Gō Nagai, uno dei nemici principali del protagonista è proprio l'arpia Silen.
Elzie Crisler Segar disegnò le arpie come nemiche di Braccio di Ferro in una serie di strisce quotidiane del 1938.
Anche il cartoonist Carl Barks disegnò le arpie come antagoniste di Paperino e zio Paperone nella storia a fumetti del 1956 dal titolo Paperino e il Vello d'oro.
Nel gioco di ruolo cartaceo Vampiri: la masquerade e nelle sue espansioni l'Arpia è un rango della comunità vampirica.
Ne I Cavalieri dello zodiaco lo Specter Valentine ha un'armatura ispirata alle Arpie.
In She-Ra, la principessa del potere viene mostrata una tribù di Arpie.
Bibliografia
Vittorio Sermonti, Inferno, Rizzoli 2001.
Umberto Bosco e Giovanni Reggio, La Divina Commedia - Inferno, Le Monnier 1988.
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