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Giasone (pronuncia: Giasóne o Giàsone,[1] in greco antico: Ἰάσων, Iásōn) è una figura della mitologia greca.

Giasone
Giasone su un antico affresco di Pompei
SagaArgonautiche
Nome orig.
Giasone col Vello d'oro, opera di Bertel Thorvaldsen, 1802
Giasone col Vello d'oro, opera di Bertel Thorvaldsen, 1802

Figlio del re di Iolco, Esone, e sposo della maga Medea, è noto per essere stato a capo della spedizione degli Argonauti, finalizzata alla conquista del vello d'oro.

Volendo riconquistare il trono di Iolco usurpato al padre Esone dal fratellastro Pelia, Giasone dovrà andare alla conquista del vello d'oro, la pelle dell'ariete dorato che si trova nella Colchide presso il re Eeta, a capo di un gruppo di eroi, gli Argonauti, che formano l'equipaggio della nave Argo. Grazie all'aiuto della maga Medea, figlia di Eeta, riuscirà nell'impresa e, dopo le molte peripezie che caratterizzeranno tutto il viaggio, tornerà a Iolco per reclamare il trono che fu del padre. Morirà trovandosi sulla stessa Argo, ormai fatiscente, a causa di un suo cedimento.


Il mito



I primi anni


Pelia, figlio del dio del mare Poseidone e di Tiro (madre anche di Esone e quindi suo fratellastro), era assetato di potere e ambiva a dominare l'intera Tessaglia. Dopo un'aspra contesa detronizzò Esone, uccidendo tutti i suoi discendenti, ma Alcimede, moglie di Esone, che aveva appena avuto un piccolo di nome Giasone, lo salvò da Pelia, facendo raggruppare le donne intorno al neonato e facendole piangere per far credere che il bambino fosse nato morto. Alcimede mandò il figlio dal centauro Chirone perché badasse alla sua educazione e per sottrarlo alla violenza di Pelia; questi, sempre timoroso che qualcuno potesse usurpargli il trono, consultò un oracolo che lo avvertì di stare attento all'uomo con un solo sandalo.

Molti anni dopo, mentre a Iolco si tenevano dei giochi in onore di Poseidone, arrivò Giasone, che perse uno dei sandali nel fiume Anauro mentre aiutava un'anziana (che era in realtà la dea Era travestita) ad attraversarlo; la donna lo benedisse perché sapeva cosa Pelia gli avrebbe riservato. Quando entrò nella città (l'odierna Volos) fu annunciato come l'uomo con un solo sandalo: Giasone reclamò il trono del padre, ma Pelia gli disse che l'avrebbe ottenuto solo dopo aver conquistato il vello d'oro. Giasone accettò la sfida.


La conquista del vello d'oro


Giasone porta a Pelia il vello d'oro mentre la Vittoria alata si accinge ad incoronarlo.
Lato A di un cratere (vaso a bocca larga in cui i greci e i romani mescolavano l'acqua e il vino da servire nei banchetti) pugliese a figure rosse su fondo nero del 340 a.C.–330 a.C.
Conservato al Louvre.
Giasone porta a Pelia il vello d'oro mentre la Vittoria alata si accinge ad incoronarlo.
Lato A di un cratere (vaso a bocca larga in cui i greci e i romani mescolavano l'acqua e il vino da servire nei banchetti) pugliese a figure rosse su fondo nero del 340 a.C.–330 a.C.
Conservato al Louvre.

Giasone radunò un gruppo di eroi, noti con l'appellativo di Argonauti dal nome della nave Argo, tra cui figuravano Calaide e Zete, figli di Borea e capaci di volare, Eracle, Ila, Meleagro, Filottete, Peleo, Telamone, Orfeo, Castore e Polluce, Idmone e Mopso, Issione ed Eufemo.


L'isola di Lemno

L'isola di Lemno, situata al largo della costa occidentale dell'Asia Minore, era abitata da donne che avevano ucciso i loro mariti: esse avevano trascurato di venerare Afrodite, la quale le aveva punite rendendole maleodoranti al punto da essere ripudiate dai maschi dell'isola. Gli uomini si erano allora legati a delle concubine provenienti dalla prospiciente terraferma, la Tracia, e le donne, furibonde, uccisero tutti i maschi mentre dormivano. Il re Toante venne salvato dalla figlia Ipsipile, che lo fece fuggire su una piccola nave, e le donne di Lemno vissero per qualche tempo senza uomini con Ipsipile come loro regina.

Durante la visita degli Argonauti, le donne si unirono con loro creando una nuova razza denominata Mini: lo stesso Giasone divenne padre di due gemelli avuti dalla regina. Eracle li spinse a ripartire, disgustato dalla loro ridicolaggine, e restò fuori dai bagordi, fatto strano se si considerano le tante relazioni che ebbe con altre donne.


Cizico

Dopo Lemno gli Argonauti approdarono nella terra abitata dai Dolioni, venendo amichevolmente accolti dal loro giovanissimo re Cizico, che era figlio di un amico defunto di Eracle. Poi ripartirono ma persero l'orientamento, riapprodando nuovamente nello stesso luogo in una notte senza luna; ciò fece sì che Dolioni e Argonauti non si riconoscessero. Cizico e i suoi uomini scambiarono gli Argonauti per pirati e li assalirono ma ebbero la peggio e tra le vittime ci furono lo stesso re e il grande guerriero Artace. Solo all'alba gli Argonauti si resero conto del terribile errore che avevano commesso e non rimase altro da fare che seppellire i Dolioni morti. Clite, la moglie di Cizico, si suicidò per il dolore.


Misia

Quando gli Argonauti giunsero nella Misia, alcuni di essi, tra cui Eracle e il suo servo Ila, andarono in perlustrazione alla ricerca di cibo e acqua. Le ninfe, che abitavano il corso d'acqua da dove si stava rifornendo Ila, furono attratte dal suo bell'aspetto e lo attirarono nel fiume. Eracle udì le sue grida di aiuto e si mise a cercarlo disperatamente: era così intento nella ricerca che lasciò che gli Argonauti ripartissero senza di loro. Di Ila, tuttavia, non si seppe più nulla.


Finea e le Arpie

Giasone giunse quindi alla corte di Finea nella Tracia dove Zeus mandava le Arpie, donne alate, a rubare ogni giorno il cibo del re. Giasone ebbe pietà dello scheletrico sovrano e uccise le Arpie al loro arrivo; in altre versioni, Calaide e Zete le scacciarono. In cambio del favore Finea rivelò a Giasone la posizione della Colchide e come superare le Simplegadi, isole in perenne collisione. Gli Argonauti ripresero dunque il loro cammino.


Le Simplegadi

Giasone viene rigurgitato dal drago che è a guardia del vello d'oro (appeso all'albero); Atena è sulla destra.
Ceramica a figure rosse su fondo nero di Duride del 480-470 a.C., da Cerveteri (Etruria).
Conservata ai Musei vaticani.
Giasone viene rigurgitato dal drago che è a guardia del vello d'oro (appeso all'albero); Atena è sulla destra.
Ceramica a figure rosse su fondo nero di Duride del 480-470 a.C., da Cerveteri (Etruria).
Conservata ai Musei vaticani.

L'unico modo per raggiungere la Colchide era quello di passare attraverso le Simplegadi, enormi scogli in perenne collisione che stritolavano tutto ciò che passasse attraverso loro. Fineo aveva raccomandato a Giasone di liberare una colomba mentre si avvicinavano a queste isole: se la colomba fosse riuscita a passare avrebbero dovuto remare con tutte le loro forze, mentre se fosse stata stritolata la sorte della spedizione sarebbe stata destinata al fallimento. Giasone liberò la colomba, che riuscì a passare perdendo solo qualche piuma dalla coda: gli Argonauti allora remarono con tutte le loro forze, riuscendo a passare e riportando solo un lieve danno alla poppa della nave. Da quel momento le isole in collisione rimasero unite per sempre, lasciando libero il passaggio.


L'arrivo nella Colchide

Giasone e Medea.
Dipinto (olio su tela) di Gustave Moreau (1865).
Conservato al Musée d'Orsay di Parigi
"Giasone e Medea".
Dipinto (olio su tela) di Gustave Moreau (1865).
Conservato al Musée d'Orsay di Parigi

Giasone arrivò nella Colchide (sull'attuale costa georgiana del Mar Nero) per conquistare il vello d'oro, che il re Eeta aveva avuto da Frisso. Eeta promise di darlo a Giasone a patto di superare tre prove, ma una volta saputo di cosa si trattava Giasone si disperò. Era ne parlò con Afrodite, la quale chiese al figlio Eros di far innamorare di Giasone la figlia di Eeta, Medea, così da aiutarlo.

Nella prima Giasone doveva arare un campo facendo uso di due tori dalle unghie di bronzo che spiravano fiamme dalle narici e che doveva aggiogare all'aratro. Medea gli diede una pomata che lo protesse dalle fiamme dei tori, consentendogli di superare la prova.

Nella seconda Giasone doveva seminare nel campo appena arato i denti di un drago, i quali, germogliando, generavano un'armata di guerrieri. Ancora una volta Medea istruì Giasone su come poteva fare per avere la meglio: egli lanciò un sasso in mezzo ai guerrieri che, incapaci di capirne la provenienza, si attaccarono tra di loro annientandosi.

Nella terza Giasone doveva sconfiggere il drago insonne che era a guardia del vello d'oro. Gli spruzzò una pozione ricavata da alcune erbe, datagli sempre da Medea: il drago si addormentò ed egli poté conquistare il vello d'oro.

Giasone scappò con l'Argo insieme a Medea, che aveva rapito il fratellino Apsirto. Inseguiti da Eeta, Medea uccise il fratello, lo fece a pezzi e li gettò in acqua: Eeta si fermò a raccoglierli, perdendo di vista la Argo.


Viaggio di ritorno


Sulla via del ritorno Medea profetizzò ad Eufemo, timoniere dell'Argo, che egli un giorno avrebbe regnato sulla Libia, cosa che si verificò attraverso un suo discendente, Battus.

Zeus, per punirli dell'uccisione di Apsirto, inviò una serie di tempeste che mandarono fuori rotta l'Argo: quest'ultima parlò e disse che dovevano purificarsi recandosi da Circe, una ninfa che viveva sull'isola di Eea. Una volta purificati, gli Argonauti ripresero il viaggio verso casa.


Sirene

Chirone aveva raccontato a Giasone che senza l'aiuto di Orfeo gli Argonauti non sarebbero riusciti a superare il luogo abitato dalle sirene, le stesse incontrate da Ulisse. Le Sirene vivevano su tre piccoli isolotti rocciosi e cantavano bellissime melodie che attiravano i naviganti, facendoli schiantare contro gli scogli. Appena Orfeo sentì le loro voci prese la lira e suonò delle melodie ancora più belle e più forti di quelle delle sirene, surclassandole.


Talo

La Argo arrivò quindi nell'isola di Creta, protetta dal gigante di bronzo Talo. Quando la nave cercava di avvicinarsi, Talo scagliava enormi sassi, tenendola alla larga. Il gigante aveva una vena che partiva dal collo e arrivava alla caviglia, tenuta chiusa da un chiodo di bronzo. Medea gli fece un incantesimo: Talo impazzì e rimosse il chiodo, facendo fuoriuscire l'unica vena, e morì dissanguato. L'Argo poté riprendere il suo cammino.


Il ritorno

Medea, usando i suoi poteri magici, convinse le figlie di Pelia che lei era in grado di ringiovanirne il padre tagliandolo a pezzi e bollendolo in un calderone pieno di acqua e erbe magiche. Per dimostrare le sue capacità, Medea operò questa magia su un agnello, che saltò fuori dal calderone. Le ragazze, molto ingenuamente, fecero a pezzi il padre, mettendolo nel calderone e condannandolo così alla morte, dal momento che Medea non aggiunse le erbe magiche. Il figlio di Pelia, Acasto, mandò in esilio Giasone e Medea per l'uccisione del padre e i due si stabilirono a Corinto.


Il tradimento di Giasone e la sua morte

A Corinto, Giasone si innamorò di Glauce (citata anche come Creusa) figlia del re Creonte e la sposò. Quando Medea gli rinfacciò la sua ingratitudine, Giasone replicò che non era lei che doveva ringraziare bensì Afrodite che l'aveva fatta innamorare di lui.

Inferocita con Giasone per essere venuto meno alla promessa di amore eterno, Medea si vendicò dando a Glauce un vestito incantato come dono di nozze e che prese fuoco facendola morire insieme al padre accorso in suo aiuto e uccidendo, inoltre, Mermero e Fere, i due figli che la stessa Medea aveva avuto da Giasone.

Quando quest'ultimo venne a saperlo, Medea era già andata via, in volo verso Atene su un carro mandatole dal nonno, il dio del sole Elio.

In seguito Giasone con l'aiuto di Peleo (il padre di Achille), attaccò e sconfisse Acasto, riconquistando il trono di Iolco.

Avendo disatteso la promessa di fedeltà fatta a Medea, Giasone perse i favori della dea Era e morì solo ed infelice. Mentre dormiva a poppa della ormai fatiscente Argo, rimase ucciso all'istante da un suo cedimento: fu questa la maledizione degli dei per essere venuto meno alla parola data. Secondo una variante l'eroe morì di crepacuore dopo aver appreso la notizia dell'uccisione dei figlioletti.


Letteratura classica



Poemi epici


Sebbene alcuni degli episodi della storia di Giasone risalgano a vecchie leggende, l'opera principale legata a tale personaggio è il poema epico Le Argonautiche di Apollonio Rodio, scritto ad Alessandria nel III secolo a.C.

Un'altra Argonautica è stata scritta in latino da Gaio Valerio Flacco nel I d.C. ed è composta da otto volumi. Il poema si interrompe bruscamente con la richiesta di Medea di accompagnare Giasone nel suo viaggio di ritorno. Non è noto se una parte del poema epico sia andato perduto o se non sia mai stato finito.

Una terza versione è l'Argonautica Orphica, che evidenzia il ruolo di Orfeo nella storia.


Giasone nella letteratura postclassica


Dante Alighieri menziona brevemente Giasone nel XVIII canto della Divina Commedia, dove viene collocato nell'ottavo cerchio dell'inferno (quello dei fraudolenti) e più precisamente nella prima bolgia (quella dei ruffiani e seduttori) per aver sedotto e abbandonato prima Ipsipile e poi Medea, costretto, come tutti gli altri che espiano la sua stessa colpa, a correre nudo sotto le sferzate dei demoni.

Lo stesso Dante menziona nuovamente Giasone nel canto II del Paradiso paragonando l'eccezionale impresa per conquistare il vello d'oro alla propria impresa poetica. Lo ricorderà, ancora una volta, alla fine della terza cantica (Par: XXXIII), per sottolineare lo stupore e la dimenticanza che l'esperienza mistica ingenera in Dante attraverso la visione di Dio, le quali superano addirittura quelle provocate dalla mitica impresa dagli Argonauti.

Vincenzo Monti inaugura il suo 'inno al sig. di Montgolfier' con un peana a Giasone e agli Argonauti paragonando l'audacia delle due imprese, una di navigazione e l'altra di volo.


Tragedia


La storia della vendetta di Medea su Giasone è narrata da Euripide nella sua tragedia Medea e nell'omonima opera di Seneca. Non ci è pervenuta una tragedia con lo stesso titolo composta da Ovidio.


Teatro



Musica


Il musicista italiano Francesco Cavalli compose il dramma Il Giasone su libretto di Giacinto Andrea Cicognini rappresentato per la prima volta a Venezia nel 1649.


Cinema


Il mito di Giasone e degli Argonauti è stato raccontato più volte sul grande schermo, da I giganti della Tessaglia - Gli argonauti del 1960 diretto da Riccardo Freda a Gli Argonauti (titolo originale Jason and the Argonauts) del 1963 per la regia di Don Chaffey, a Medea del 1969 diretto da Pier Paolo Pasolini, a La cosa d'oro del 1972 diretto da Edgar Reitz, fino al film TV del 2000 Giasone e gli Argonauti per la regia di Nick Willing.


Note


  1. Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Giasone", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2016, ISBN 978-88-397-1478-7.

Bibliografia



Voci correlate



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Collegamenti esterni


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На других языках


[en] Jason

Jason (/ˈdʒeɪsən/ JAY-sən; Greek: Ἰάσων, translit. Iásōn [i.ǎːsɔːn]) was an ancient Greek mythological hero and leader of the Argonauts, whose quest for the Golden Fleece featured in Greek literature. He was the son of Aeson, the rightful king of Iolcos. He was married to the sorceress Medea. He was also the great-grandson of the messenger god Hermes, through his mother's side.

[fr] Jason

Dans la mythologie grecque, Jason (en grec ancien Ἰάσων / Iásōn, /i.ǎː.sɔːn/, « le guérisseur ») est le fils d'Éson, roi d'Iolcos en Thessalie, et descendant d'Éole. Il a été éduqué par le centaure Chiron. Il est principalement connu pour sa quête de la Toison d'or avec les Argonautes. Il est l'un des principaux héros grecs et particulièrement vénéré à Athènes.
- [it] Giasone (mitologia)

[ru] Ясон

Ясо́н (также Язо́н, Иасо́н; др.-греч. Ἰάσων) — персонаж греческой мифологии из фессалийского цикла, предводитель аргонавтов, совершивший поход в Колхиду за золотым руном. Ясон был сыном царя Иолка Эсона. Согласно классической версии мифа, он провёл детство на горе Пелион и в двадцатилетнем возрасте возвратился в родной город, чтобы вернуть отцу царскую власть, похищенную братом отца Пелием, а тот отправил племянника в далёкое плавание, чтобы от него избавиться. На корабле «Арго» вместе со множеством других героев Ясон проделал опасный путь до Колхиды; благодаря поддержке богини Геры и любви царевны Медеи он прошёл испытания, завладел золотым руном и ушёл от погони царя Колхиды Ээта. В Элладу Ясон вернулся вместе с Медеей, ставшей его женой. В Иолке он расправился с Пелием, после чего был вынужден отправиться в изгнание. По наиболее популярной версии мифа, Ясон поселился в Коринфе. Спустя десять лет он решил жениться на дочери местного царя, но Медея убила свою соперницу. Ясон либо погиб вместе с невестой, либо вскоре покончил с собой, либо дожил до старости и нашёл смерть под обломками «Арго».



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