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Don Camillo è un film commedia del 1952 diretto da Julien Duvivier.

Don Camillo
Gino Cervi e Fernandel in una scena del film
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1952
Durata107 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 4:3
Generecommedia
RegiaJulien Duvivier
SoggettoGiovannino Guareschi
SceneggiaturaJulien Duvivier, René Barjavel
ProduttoreGiuseppe Amato
Casa di produzioneCineriz
FotografiaNicolas Hayer
MontaggioMaria Rosada
MusicheAlessandro Cicognini
ScenografiaVirgilio Marchi
Interpreti e personaggi
  • Fernandel: don Camillo
  • Gino Cervi: Peppone, Giuseppe Bottazzi
  • Sylvie: signora Cristina
  • Vera Talchi: Gina Filotti
  • Franco Interlenghi: Mariolino della Bruciata
  • Saro Urzì: il Brusco
  • Charles Vissières: il Vescovo
  • Marco Tulli: lo Smilzo
  • Giovanni Onorato: Scartazzini
  • Gualtiero Tumiati: Ciro della Bruciata
  • Luciano Manara: Filotti
  • Leda Gloria: signora Bottazzi
  • Italo Clerici: l'arbitro venduto
  • Mario Siletti: avv. Stiletti
  • Manoel Gary: delegato del PCI
  • Giorgio Albertazzi: don Pietro
  • Olga Solbelli: madre di Gina
  • Armando Migliari: Rosco della Bruciata
  • Carlo Duse: il Bigio
  • André Hildebrand: Barchini il tipografo
  • Clara Auteri: donna che incita a gridare "Viva Peppone!"
  • Peppino De Martino: un consigliere di maggioranza
  • Franco Pesce: Matuggia il sagrestano
Doppiatori originali
  • Jean Debucourt: voce crocifisso
Doppiatori italiani
  • Carlo Romano: don Camillo
  • Rina Morelli: signora Cristina
  • Gaetano Verna: il Brusco
  • Amilcare Pettinelli: il Vescovo
  • Bruno Persa: l'arbitro venduto
  • Stefano Sibaldi: lo Smilzo
  • Cesare Fantoni: Scartazzini
  • Aldo Silvani: Ciro della Bruciata
  • Lauro Gazzolo: Filotti
  • Manlio Busoni: avv. Stiletti
  • Bruno Persa: delegato del PCI
  • Renata Marini: donna che incita a gridare "Viva Peppone!"
  • Silvio Bagolini: Barchini il tipografo
  • Cesare Polacco: un consigliere di maggioranza
  • Mario Corte: Matuggia il sagrestano
  • Ruggero Ruggeri: voce crocifisso
  • Emilio Cigoli: voce narrante

La pellicola è liberamente ispirata ai personaggi creati da Giovannino Guareschi in una serie di racconti (1946-47), poi riuniti in volume nel marzo 1948 dall'editore Rizzoli.

Il film è stato poi selezionato tra i 100 film italiani da salvare.[1]


Trama


Brescello, Bassa emiliana, giugno 1946. Negli ultimi giorni del Regno d'Italia, Don Camillo, parroco impulsivo ed esuberante che non rinuncia ad immischiarsi in faccende politiche, rimane molto contrariato per la vittoria alle elezioni amministrative locali di Giuseppe Bottazzi, detto Peppone, capo della sezione locale del PCI, nonché suo vecchio amico, sebbene i litigi tra i due siano all'ordine del giorno. Mentre Peppone tiene un comizio, don Camillo suona le campane della chiesa per intralciare la manifestazione. I comunisti allora sembra vogliano assaltare la Chiesa, ma in realtà vanno ad acclamare Peppone che dal balcone della sua casa mostra il suo ultimo figlio appena nato. Anche il neonato è fonte di un ennesimo bisticcio tra i due: Peppone lo vuole chiamare Lenin Libero Antonio, ma don Camillo non ne vuole sapere; alla fine i due si accordano, sbrigando la faccenda a modo loro, per Libero Antonio Camillo Lenin.

La rivalità tra i due prosegue: don Camillo incendia una casa di campagna diroccata, dove aveva scoperto che Peppone nascondeva un'ingente quantità di armi da guerra da usare per la rivoluzione proletaria, e si impossessa di una fucile mitragliatore MAB 38. Peppone proclama nei suoi comizi il progetto della costruzione di una casa del popolo; don Camillo, non comprendendo dove il Sindaco possa trovare i fondi, lo accusa di essersi appropriato di dieci milioni di lire che egli aveva dichiarato sequestrate dai fascisti durante la Guerra. Il Sindaco allora presenta al Parroco un attestato, in cui dichiara di adoperare il denaro ancora in suo possesso per la costruzione della casa del popolo, ma don Camillo lo costringe, minacciandolo col mitra, a far costruire anche una città giardino per i bambini del paese e così a Peppone non rimane che arrendersi.

Montano intanto le proteste dei disoccupati. Peppone e la giunta comunale, a corto di fondi, stabiliscono di tassare i terreni dei possidenti a 1.000 lire alla biolca: Filotti, il maggior possidente della zona, si oppone e i comunisti reagiscono con uno sciopero. Lo sciopero delle maestranze agricole, che si rifiutano di coltivare i campi e di mungere le vacche dei possidenti a rischio di provocarne la morte (saranno salvate in segreto da don Camillo e Peppone) si incrocia con la vicenda di Gina Filotti e Mariolino Della Bruciata, due giovani innamorati che non possono sposarsi perché non riescono a ottenere il consenso delle famiglie, tra cui scorre rivalità politica: il padre di Mariolino è un collaboratore di Peppone, mentre il nonno di Gina è un fidato amico di don Camillo.

Lo sciopero finisce, ma giungono in Paese, ormai in ritardo, alcuni comunisti dalla città, che Peppone aveva chiamato come rinforzi. Si fermano comunque in Paese, ma commettono la leggerezza di prendere in giro don Camillo. Il Prete, indispettito, gli scaraventa addosso un tavolo: ne segue una scazzottata a dir poco epica e don Camillo ne manda 15 all'ospedale, guadagnandosi l'ammonizione del Vescovo, avvertito da Peppone della bravata del Parroco.

I Filotti e i Della Bruciata dovrebbero venire riconciliati dalla signora Cristina, vecchia maestra del paese, cui i due giovani chiedono di tentare una mediazione. Quando però la signora muore all'età di 85 anni in seguito a una caduta dopo poco, l'opportunità sfuma. L'anziana maestra, fervente monarchica, aveva fatto promettere a Peppone di usare la bandiera reale durante il suo funerale e, malgrado l'opposizione dei suoi collaboratori, Peppone rispetta le ultime volontà della defunta. I Filotti e i Della Bruciata vietano dunque il matrimonio a Mariolino e Gina, che vengono fermati da Peppone e don Camillo mentre tentano di suicidarsi, buttandosi nel Po. Il Parroco promette ai due che verranno sposati dal vescovo, in visita al paese per l'inaugurazione della casa del popolo e della città giardino.

Peppone simpatizza subito con il Vescovo, accompagnandolo in paese, e il prelato assiste all'inaugurazione della casa del popolo prima di celebrare il matrimonio tra i due, deludendo don Camillo. La sera delle nozze tra Mariolino e Gina, don Camillo partecipa a una rissa tra i proprietari terrieri e gli uomini di Peppone: il Vescovo, che lo aveva già ammonito per la precedente rissa con i comunisti di città, lo invia a Montenara, un paesino di montagna.

Il giorno della partenza, Don Camillo rimane deluso dal fatto che nessun parrocchiano si sia presentato per un saluto, per timore delle rappresaglie minacciate da Peppone. Partito in solitudine, trova però i compaesani ad attenderlo alla prima fermata, con un coro e con così tanti doni che il sacerdote a fatica riesce a caricarli sul treno. Commosso, rimane ancor più sorpreso nel trovare alla stazione seguente Peppone e i suoi, accompagnati dalla banda comunale che lo accoglie suonando L'Internazionale. Tra cordialità e minacce, i due si salutano, con l'augurio reciproco di rivedersi presto. Per suggellare l'evento, Don Camillo libera due colombi regalati dai parrocchiani.


Produzione



Fonti letterarie


Il film è ispirato (spesso molto liberamente) ad alcuni racconti di Guareschi della serie dedicata alle figure immaginarie di Don Camillo e di Peppone. Per la precisione, sono stati utilizzati i racconti Peccato confessato (1946), Il battesimo (1947), Rivalità (1947), Incendio doloso (1947), Inseguimento (1947), Giulietta e Romeo (1947), Scuola serale (1947), Il proclama (1947), Finto funerale (1947), Uomini e bestie (1947), Quelli di città (1947), Passa il "giro" (1947), Football (1947), Democrazia (1947), La maestra vecchia (1947), I bruti (1947), La festa (1947), Delitto e castigo (1947), Giallo e rosa (1947).

Tuttavia, lo scrittore ambientò i suoi personaggi a Ponteratto, un paese immaginario della Bassa Padana. Visto che lo scrittore era originario della provincia di Parma, per girare il film furono cercati paesi in quella zona ma, per motivi politici, questi rifiutarono le riprese. Furono quindi cercati altri paesi emiliani vicini, fino ad arrivare al comune di Brescello, che accettò.


Il "crocifisso parlante"


Celebre nelle scene di tutta la saga è il Crocifisso "parlante" della chiesa parrocchiale di Santa Maria Nascente. La sua realizzazione fu affidata allo scenografo veronese Bruno Avesani, che si avvalse della collaborazione di un falegname di Brescello, Emilio Bianchini. Quest'ultimo scolpì il crocifisso utilizzando un legno leggero[2] di cirmolo[3], mentre la croce, in legno leggero di balsa, fu ulteriormente alleggerita svuotandola all'interno, per facilitarne gli spostamenti durante le scene. L'opera finita pesava solamente 13 kg. Il volto di Gesù Cristo fu realizzato con tre diverse espressioni, interscambiabili a seconda delle scene, tuttavia soltanto una è rimasta ai giorni nostri. Il crocifisso fu infatti donato dalla Rizzoli alla stessa chiesa parrocchiale e, benedetto, è tuttora conservato nella cappella laterale.

Per donare una voce sufficientemente carismatica al crocifisso si decise di affidarne il doppiaggio italiano a Ruggero Ruggeri, uno dei più prestigiosi attori teatrali italiani dell'epoca. Ruggeri fu la voce del crocifisso anche nel film successivo, Il ritorno di don Camillo, mentre venne sostituito da Renzo Ricci negli ultimi tre episodi della saga. Nella versione francese, invece, la voce del crocifisso fu, nei primi tre film, quella di Jean Debucourt (1894–1958), raffinato attore e regista teatrale della Comédie-Française, sostituito nel quarto da Paul-Emile Deiber (1925-2011), che era stato allievo proprio di Debucourt. Nel quinto film la voce del crocifisso è doppiata da Jean Topart (1922-2012).


Riprese


Le riprese si svolsero dal 7 settembre al 24 novembre 1951.

La stazione di Brescello-Viadana usata in questo episodio e in tre dei quattro sequel
La stazione di Brescello-Viadana usata in questo episodio e in tre dei quattro sequel

La proprietà detta "la Bruciata" è in realtà Corte San Giorgio (tenuta Favagrossa), situata a Lentigione, frazione di Brescello.

Per quanto riguarda le stazioni che si vedono nel finale, esse si trovano sulla ferrovia Parma-Suzzara che ai tempi delle riprese era una linea in concessione gestita dalla Società Veneta (SV). Don Camillo prende il treno alla stazione del paese, che ha il nome composito di Brescello-Viadana. Nella realtà, le stazioni successive dovrebbero essere Sorbolo, in direzione Parma, oppure Boretto, in direzione Suzzara, ma nella finzione filmica don Camillo trova i suoi sostenitori presso una stazione il cui esterno è ancora quello di Brescello-Viadana. Le riprese della seconda stazione, dove il protagonista incontra Peppone e i comunisti, è quella di Gualtieri che rispetto a Brescello-Viadana si trova in direzione Suzzara (la stazione successiva a Gualtieri è Guastalla), contraria a quella dove avrebbe dovuto dirigersi, ovvero le montagne del parmense.[4][5][6]


Colonna sonora


La colonna sonora fu composta dal maestro Alessandro Cicognini. Il leitmotiv del Don Camillo, erroneamente considerato semplicistico, persino un lavoro minore se paragonato alle composizioni del maestro abruzzese per pellicole più impegnate (Quattro passi fra le nuvole, Ladri di biciclette, Sciuscià, Umberto D., ecc.) ha come ritornello un tema da canzoncina religiosa, ritmato sul suono delle campane; nel finale, viene addirittura intonato dalle voci bianche che accompagnano i fedeli recatisi a salutare don Camillo alla stazione («la rondine vuol partir, a Primavera ritornerà... torna torna al nostro cuor, torna torna al nostro amor»). La partitura originale era andata perduta e solo nel 2009 è stata ricostruita, partendo dalle registrazioni delle scene del film. Le musiche, eseguite dall'Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Alessandria, sono state registrate e pubblicate su un CD, prodotto da Cinevox Record.


Distribuzione



Data di uscita


In Italia il film fu proiettato in pubblico per la prima volta il 15 marzo 1952[7].

Di seguito sono riportati i titoli e le date di distribuzione del film all'estero:


Doppiaggio


Giovannino Guareschi e Fernandel sul set a Brescello.
Giovannino Guareschi e Fernandel sul set a Brescello.

In tutte le cinque pellicole che compongono la serie, Fernandel è doppiato da Carlo Romano, noto anche come voce italiana di Jerry Lewis. Il motivo pare risiedesse nel fatto che, a parte Lewis, Romano era solito doppiare attori corpulenti e robusti (aveva infatti una voce da persona "di un certo peso", come del resto era Romano fisicamente) e se si considerano le polemiche sorte sul fatto che Fernandel fosse troppo magro ed esile per incarnare l'imponente pretone creato da Guareschi, il "vocione" di Romano contribuiva (quanto le inquadrature studiate da Duvivier) a "far dimenticare" un pochino la magrezza dell'attore.[senza fonte]

La voce del narratore è quella di Emilio Cigoli (e resterà la sua anche nei successivi due seguiti, mentre diverrà quella di Sergio Fantoni nel quarto film e di Riccardo Cucciolla nel quinto).[8]


Differenze di versione


La versione francese presenta scene che non compaiono in quella italiana. Per esempio: quando i due amici-nemici mungono le mucche nella stalla "occupata", oltre a mungerle, don Camillo fa nascere pure un vitellino; la sequenza finale del tentato suicidio è più lunga e drammatico-realistica (Gina e Mariolino vengono mostrati meglio quando s'immergono nel fiume per uccidersi). Quando don Camillo si picchia con i comunisti venuti dalla città per lo sciopero, la scena è più lunga; dopo la confessione di Peppone, il calcio, che nella versione italiana si intuisce più che vedersi, oltralpe si vede molto chiaramente; il funerale della signora Cristina è più lungo e accuratamente filmato; oltre che con il crocifisso, c'è un brevissimo dialogo fra il parroco e la statua della Madonna[9].

Nella versione in inglese la voce narrante è quella di Orson Welles.


Accoglienza



Incasso


Il film fu uno dei più alti incassi mai visti in Italia: infatti guadagnò oltre un miliardo e mezzo di lire,[10] risultando così il maggiore successo dell'anno, oltre che il più alto incasso italiano di sempre per l'epoca[11].

Don Camillo detiene ad oggi il settimo posto nella classifica dei film italiani più visti di sempre, con ben 13 215 653 spettatori (numero enorme, viste le disponibilità economiche della gente).[12]

Anche in Francia Don Camillo fu visto da 12 790 676 spettatori ed è tuttora il 17° film più visto di sempre[13].

Benché il film fu un enorme successo per quanto riguarda gli incassi, attorno al dibattito tra i critici cinematografici di sinistra e il cinema popolare si formò un dibattito sul "film d'appendice", che si svolse nel 1955-56 su L'Unità.[senza fonte]


Riconoscimenti



Sequel


Il film ebbe ben 4 seguiti, per un totale quindi di 5 pellicole più una incompiuta a causa della morte improvvisa di Fernandel (e quindi poi rigirata con differenti attori ma commercializzato con lo stesso nome):


Scene del film[15]



Note


  1. Rete degli Spettatori.
  2. http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2016/09/17/news/avesani-lo-costrui-per-i-film-e-rizzoli-lo-dono-alla-chiesa-1.14116129
  3. http://www.veronasera.it/speciale/blog/veronese-crocifisso-parlante-don-camillo.html
  4. Ivana Rossi, Nei dintorni di Don Camillo. Guida al "Mondo Piccolo" di Guareschi, Milano, BUR Rizzoli, 1994.
  5. Ezio Aldoni, Gianfranco Miro Gori, Andrea Setti, Amici Nemici. Brescello, piccolo mondo di celluloide, Comune di Brescello, Brescello, 2007.
  6. Riccardo Esposito, Cinecittà sul Po, in Don Camillo e Peppone. Cronache cinematografiche dalla Bassa Padana 1951-1965, Recco, Le Mani, 2008, pp. 17-38.
  7. Dati Archivio ANICA
  8. Riccardo Esposito, Voci e carisma, in Don Camillo e Peppone. Cronache cinematografiche dalla Bassa Padana 1951-1965, op. cit., pp. 33-35.
  9. Egidio Bandini, Giorgio Casamatti, Guido Conti (a cura di), Il Don Camillo mai visto, MUP, Parma, 2007.
  10. Catalogo Bolaffi del cinema italiano 1945/1955
  11. Europe Choosey on Films, Sez Reiner; Sluffs Flops, in Variety, 9 settembre 1953, p. 7. URL consultato il 29 settembre 2019. Ospitato su Archive.org.
  12. I 50 film più visti al cinema in Italia dal 1950 ad oggi, su movieplayer.it. URL consultato il 27 dicembre 2016.
  13. (FR) Meilleurs films au Box Office France, su AlloCiné. URL consultato il 4 dicembre 2020.
  14. Don Camillo - IMDb. URL consultato il 4 dicembre 2020.
  15. In ordine sequenziale

Bibliografia



Voci correlate



Altri progetti



Collegamenti esterni


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На других языках


[en] Little World of Don Camillo

The Little World of Don Camillo (Italian: Don Camillo; French: Le Petit Monde de don Camillo) is a 1952 Italian-French film directed by Julien Duvivier, starring Fernandel and Gino Cervi. It was the first film in the "Don Camillo" series, which made Fernandel an international star. The film was based on the novel Don Camillo by Italian author Giovannino Guareschi. It was followed in 1953 by The Return of Don Camillo, also directed by Duvivier.

[es] Don Camilo (película de 1952)

Don Camilo (título original en italiano: Don Camillo) es una película de 1952 producida y dirigida por Julien Duvivier y vagamente basada en los personajes creados por Guareschi en una serie de historias cortas (1946-47), a continuación, reunidos en el volumen de marzo de 1948 por la editorial Rizzoli.
- [it] Don Camillo (film 1952)

[ru] Маленький мир дона Камилло

«Маленький мир дона Камилло» (итал. Don Camillo, фр. Le Petit Monde de don Camillo) — кинофильм режиссёра Жюльена Дювивье, вышедший на экраны в 1952 году. Экранизация романа Джованнино Гуарески. Лента принесла Фернанделю мировую славу и впоследствии получила несколько продолжений.



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